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BEAST WITHOUT BEAUTY

BEAST WITHOUT BEAUTY
di Alessandra Bernocco

Le parole mancano,
ci sono delle volte in cui perfino loro mancano.
Non è vero, Willie, che perfino le parole mancano, a volte?
E che cosa si deve fare, allora, aspettando che tornino?
Strigliarsi il pelo, se non è già stato fatto, o se c’è qualche dubbio,
tagliarsi le unghie se hanno bisogno di essere tagliate,
sono tutte cose che ti aiutano a tirare avanti.
È questo che voglio dire.
È solo questo che voglio dire.
(Giorni felici, Samuel Beckett)
(13 gennaio 2019) Rumori, suoni, cinguettii ci raccontano subito che siamo all’aperto. Forse fa freddo, forse piove e la terra è bagnata. C’è una figura nel mezzo ma non si capisce cos’è. Sembra una statua anzi una sezione di statua preellenica. Manca la testa eppure un movimento si intuisce. E’ come se la mano invisibile di uno scultore stesse forgiando le scapole di una schiena abbozzata, procedendo per tentativi, infondendo un soffio di vita.


E’ così perché la figura a poco a poco si anima e si definisce. Riconosciamo il capo che pare allungarsi da quel corpo goffo che goffo non è e appena si agita si capisce che è instabile come una giovane creatura che ha appena posato gli arti a terra. E’ un animale che sembra cercare il suo equilibrio nel bosco acuendo l’udito e la vista. Basta seguire il movimento del collo su fino al palco. Il palco del cervo. Davanti a noi è nato un cerbiatto.



E’ incredibile la perfezione del gesto di questa coreografia capace di evocare con pochi precisissimi segni il cucciolo di un cervo. Incredibile quel mix di goffaggine e grazia, di fragilità e fierezza che il corpo di un uomo riesce a trasmettere attraverso la danza.   



Siamo ai primi movimenti di Beast without beauty, originale creazione di Carlo Massari di C&C company e lo spazio è quello bolognese di Teatri di Vita.



Avrei saputo subito dopo che questa scena è il risultato di due giorni passati a osservare gli animali in una riserva naturale in Trentino Alto Adige, prima che lo spettacolo debuttasse a Rovereto al festival Oriente Occidente.  



E’ la produzione più recente di questa compagnia fondata nel 2011 da Massari e Chiara Taviani che pensa alla danza come mezzo di narrazione e racconto, ispirata e fondata su una ‘drammaturgia’ chiara e riconoscibile, resa da una sinergia di linguaggi differenti, dal recitativo al canto che arriva con potenza composta nel mezzo di una prova fisica allo stremo.  



In questo caso il riferimento dichiarato è il teatro dell’assurdo bechettiano e in particolare l’immobilità di Giorni felici, il senso di frustrazione, di impotenza, di inutilità che qui si manifesta in azioni reiterate, compulsive, anche violente.



E con una morte violenta si chiude la prima scena. Con un sacrificio sull’altare del non-sense preceduto dal rumore secco di uno sparo: è il colpo di un fucile che rimbomba nel vuoto  e nel buio,  poi ecco la testa mozzata del cervo esibita come un trofeo.  



Ma non è certo il cervo la beast without beauty del titolo. La bestia senza bellezza non è l’animale, nella sua meravigliosa innocenza, nella sua leggerezza, nella sua incontaminata purezza. Ha molte forme, la bestia, e arriva da un mondo altro dal mondo del cervo, un mondo che ha fatto irruzione con prepotenza e stoltezza, sotto forma di ‘burattino’ travestito da Hitler in tenuta da caccia, aggressivo ma pavido come chi teme che la bellezza offesa possa tendergli un agguato.



Per questo lo vediamo inizialmente solo, sulla difensiva, i movimenti di chi si ripara da un’aggressione in atto. Una minaccia annunciata, che si manifesta con l’entrata    in campo di una figura speculare, ugualmente vestita, con cui comincia un perverso gioco di respingimento e seduzione, di  lotta e riappacificazione, di affermazione di sé attraverso la volontà di annientamento dell’altro. Volontà mistificata che blandisce e circuisce, fingendo di tendere la mano. Ma in verità sono due poli di un solo conflitto che è intestino, dentro di sé, e ci riguarda.  



Credo sia innanzitutto questa la ragione per cui questo “studio sugli archetipi della miseria umana”, come scrive Massari nelle note di regia, è “cinico e irriverente”. Uno sguardo senza filtri e senza indulgenza per mostrare l’assurdità dello scontro tra ruoli e identità differenti e le derive che porta con sé, collettive e individuali. Partendo dal   rapporto di sopraffazione uomo animale, in cui l’uomo è bestia senza bellezza, si scova l’orrida bestialità dentro di sé.



Che è anche indifferenza e indolenza, come quella di una donna sfatta mollemente adagiata su una poltrona, che  osserva svogliata il mondo che si scanna. Immobile fino alla fine quando come una consumata Marlene raggiungerà il microfono dalla parte opposta del palco, a piccoli passi, claudicante, per intonare Where have all the flowers gone, sempre più trattenuta e dolente, quasi a ingoiare le parole che sta per pronunciare.



E’ l’ultimo contraltare di una coreografia che ha raccontato di sforzi  ininterrotti, di inseguimenti e fughe, assenze e perdizioni, impedimenti e sfide senza vittoria. Dove anche la festa è stata una sconfitta, con tanto di brindisi di circostanza, senza piacere. Il tutto secondo una partitura rigorosissima che c’è anche quando viene meno la musica.



Quando, per esempio,  l’aria dell’inno alla gioia si fa sommessa fino a morire, ma la lotta continua, inutile e forsennata. C’è un disordine compulsivo, ripetitivo, affannoso che a tratti si congela senza risolversi, sospeso in uno sguardo lontano, immobile, senza destinazione.



I due danzatori – lo stesso Massari ed Emanuele Rosa, anche nella parte del cervo  – non si risparmiano né potrebbero tentare il ribasso: la prova è senza tregua e mette in atto insospettabili  risorse, anche vocali.  Conati che si arrestano in gola o tentano emissioni strozzate, onomatopee di primati e suoni intermittenti, incompiuti, volgono in un canto sublime, apollineo, che certamente è bellezza, eppure le parole innocenti di Tomorrow Belongs to Me di John Kander “il sole è caldo sul prato e il cervo corre libero nei boschi, il domani mi appartiene” lamentano tutto l’orrore del mondo.



 



Visto a Teatri di Vita di Bologna:



BEAST WITHOUT BEAUTY



Creazione originale Carlo Massari / C&C



Con Carlo Massari, Emanuele Rosa, Giuseppina Randi



Produzione C&C company 



Promozione e Social Media Marketing: Theatron 2.0



Progetto realizzato con il contributo di SIAE e Mibac nell’ambito del Bando S’illumina



Vincitore Premio Prospettiva Danza Teatro 2017



ideazione e creazione di Carlo Massari



progetto visual a cura di Anja Meyer



 



Tutti i diritti sono riservati. È vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, di questo articolo, ivi inclusa la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione scritta di Alessandra Bernocco.


13 gennaio 2019
Articolo di
nostoi
Rubrica:
Teatro


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