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“Dissonorata

“Dissonorata" di e con Saverio La Ruina. Progetto More a Cosenza
di Chiara Merlo

Alla donna disse:
"Moltiplicherò i tuoi dolori
e le tue gravidanze,
con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
ma egli ti dominerà".

Genesi, Antico Testamento, VI-V sec a.e.c.
(19 novembre 2014) Basta guardarle i piedi per capirla, e le mani: i piedi appena appoggiati in punta e le mani che gesticolano ansiose, molto espressive, ma senza alcun movimento repentino di braccio e avambraccio.

Questa è la posizione di chi si racconta in un angolo…su quelle sedie spigolose messe nel centro dove tutto intorno è vuoto. E nel frattempo non si vorrebbe raccontare, perché tutto è confuso, nella testa, cioè senza alcuna possibilità di riordino o spiegazione mentale.

Questa è la posizione psicologica di chi è costretto a non muoversi: il corpo fermo come deve restare un tronco d’albero, dove solo le foglie alle estremità, impercettibilmente possono agitarsi prima di cadere, forse come brividi di freddo, al buio, quando soltanto gli occhi che sembrano lumini vivono ancora di luce propria.

È un lutto, un lutto per la propria morte, o una veglia forse, perché se c’è la volontà di non far sapere a tutti, a qualcuno si…chi ti può aiutare! La costrizione mentale paralizza il corpo e l’anima, ma è un’impotenza che non si può spiegare (filosoficamente), assomiglia a un mal di denti che non ti dà pace, e in più non ti puoi muovere, allora resti a guardare i tuoi piedi che pure gesticolano, e aspetti di stare un po’ meglio per andare avanti comunque. E così vai avanti, a crescere figli. Se però il velo nero te lo devi mettere da sola è più triste sopportarlo, specie come velo da sposa; e se tu sposa non lo sarai mai, o lo sei già stata, anche senza che nessuno lo sapesse o lo capisse, e se nemmeno il tuo sposo l’ha capito, di te qualcuno può sempre approfittarne. 


Le donne puttane sono, e come puttane devono essere trattate. Oggi non è così? Ma non molto tempo fa, mamme e nonne, zie e sorelle questa sorte di puttana l’hanno dovuta espiare a lungo, malamente, specie nel Sud, e così tutte quelle della loro generazione, presto vestite di nero, come vedove di amori finiti nel breve tempo di un bacio, sfiorite nel sogno consumato di una terribile illusione intravista. Ed è così che allora il cuore si rompe, quando, per amore, puttana sei, agli occhi di tutti.


Saverio La Ruina si immerge in personaggi davvero molto difficili, stavolta in una donna calabrese che esprime tutta la sua drammaticità nei piccoli gesti di una donna castigata. Sempre in dialetto (il canale sensoriale è quello uditivo), in suoni gutturali repressi in gola ma poi scacciati fuori come topi. E il tempo del dolore è ritmico, così è più sopportabile, come i ricordi che ritornano alla mente ripetitivi e angoscianti.


Bruciata viva, e viva è rimasta, come un fantasma, una nullità carbonizzata perché nera fosse anche la sua pelle puzzolente, macchiata per sempre di solitudine e morte, in mezzo a porci e a vacche da latte che proprio come lei sono conciate. Forse è solo la consolazione di un figlio a tenerla in vita, anche in brandelli d’anima, soffocata…ma non gli insegni a trattare le altre come bestie o femmine da bordello.


Bellissimo testo teatrale raccontato a voce: l’interno di un volto da tradurre in riflessione.

19 novembre 2014
Articolo di
nostoi
Rubrica:
Teatro


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