Ognuno sa che arrivano fino ai margini del palcoscenico, fra gli spettatori, dall'esterno, con una pretesa di entrarci dentro, nel testo, nella vita che viene raccontata senza di loro, e vengono con una luce diversa, cupa, da quella patinata degli attori descritti per interpretarli, invece con vestiti besciolino anni '20 (e grottescamente anacronistici), ma Lavia a un certo punto, con quella sua voce tipicamente suadente, rimarca le didascalie come a volerne fare un ricordo che viene da lontano, e quella voce, già oltremodo grottesca, diventa allora addirittura faziosa.
Spiega ciò che non serve più oramai spiegare (proprio come le conduttrici quando, sadiche e gaudenti, ribadiscono l'accaduto), indugia sulle descrizioni, perché la narrazione possa convincere e manipolare quegli occhi smarriti non più abituati a osservare i dettagli. Ma la gente, oltre a non vedere, neanche più ascolta le narrazioni precise e oltremodo pedanti. La gente vuole subito i fatti, e vuole sbranarli, anche falsi, purché sembrino veri. E ci si accontenta di un'interpretazione qualsiasi. Del resto è proprio così che succedeva anche nel testo. Riderne e prenderne parte, giudicare e commiserare, con sovrapposizioni fittizie e manipolatorie.
Se non fosse che la scena è sempre assai bella, commovente, costruita ogni volta in modo impeccabile fin nelle minuzie, e se anche uno non si accorgesse di quelle minuzie, è proprio l'insieme, il risultato, che ti avvolge come un paesaggio. Perciò l'incanto, di fronte a quel frammento di vita messo di sbieco, lascia ancora più in lontananza quella voce che ora sbiadisce, dell'autore, e del regista che leziosamente se ne fa pregio, quasi a sovrapporsi a quelli che vengono a gridare, e che gridano pur di poter entrare in scena (ne hanno il diritto, più del regista, di appartenere a quella bellezza, a quell'estetica del dolore, del resto da lui così ben immaginata e congegnata). Lavia in questo è davvero un maestro. Non gli si può proprio dir niente. Se evitasse di mettercisi troppo, a volersi raccontare anche lui!
Un enorme tendone messo di lato e improvvisato, mentre quelle sue pieghe da quinta un po' approssimata fanno la geometria di questa storia. A quella sua richiesta di essere vissuta. E quel colore, tortora forse, dà una profondità e una morbidezza che a lungo ho pensato sovrastasse anche me (per diversi minuti non ho guardato che quel tendone enorme, come se stesse quasi per cadere), e io piccola, sentirmi anch'io lì davanti, accolta da quella morbidezza in bilico, una tela, un lenzuolo che copre le tenebre che si nascondono là dietro. Come vorrei andare subito a vedere cosa c'è la dietro, ho pensato. E quelli gridano. Lo stesso quando fanno vedere la scena di un crimine in tv, e io, per non guardare il lenzuolo che copre la vittima, e le parole inutili che vengono dette, mi lascio attrarre dal burrone dove si trova!
Insomma, se doveva essere contemporaneo, inutili i sovraccarichi descrittivi e i costumi dell'epoca portati come fantocci, se doveva invece essere tradizionale come approccio, classico, ogni riverbero ne ha fatto il suo danno. Meravigliosa però la scena, soprattutto quella del silenzio, quando di fronte a una pozza tutta azzurra, sempre sotto a quel tendone, una bambina ha attraversato in diagonale le nostre vite per finirvi annegata. Lì il silenzio e la scena sono stati oltremodo eloquenti, che ho pensato di avere sul viso proprio una lacrima azzurra che scendeva.
Bravissimi quasi tutti gli attori che però, proprio perché d'obbligo recitavano sempre tutti insieme, in una sinfonia di 21 voci, con una tensione sempre mantenuta necessariamente a più suoni, nelle calature e nelle stonature di alcuni hanno perso d'insieme il loro valore. Bravissimo Lavia (nel ruolo del padre) in scena, così il Capocomico (Michele Demaria) e la Madre, Federica Di Martino (seppure voluta in quella veste, come ho già detto, caricaturale).
Visto al Teatro Eliseo di Roma l'8 gennaio
Sei personaggi in cerca d’autore
di Luigi Pirandello
regia di Gabriele Lavia
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Giordano Corapi
Produzione FONDAZIONE TEATRO DELLA TOSCANA
Personaggi / Interpreti
I Personaggi della commedia da fare
Il Padre Gabriele Lavia
La Madre Federica Di Martino
La Figliastra Lucia Lavia
Il Figlio Andrea Macaluso
Il Giovinetto Silvia Biancalana
La Bambina Letizia Arnò
Madama Pace Marta Pizzigallo
Il Direttore-Capocomico Michele Demaria
La Prima Attrice Giulia Gallone
Il Primo Attore Mario Pietramala
La Seconda Donna Giovanna Guida
L’Attrice Giovane Malvina Ruggiano
L’Attor Giovane Luca Mascolo
Un altro attore Daniele Biagini
Un’altra attrice Maria Laura Caselli
Un’altra attrice Anna Scola
Il Direttore di Scena Carlo Sciaccaluga
Il Suggeritore Alessandro Baldinotti
Il Macchinista Massimiliano Aceti
L’Attore-Segretario Matteo Ramundo
L’uscere Alessio Sardelli