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E adesso metteteci la faccia

E adesso metteteci la faccia
di Alessandra Bernocco

" - Gli umani sono tutti feroci e sanguinari?
- No: per fortuna ci sono anche quelli svogliati"
ALTAN
(02 marzo 2016) Da una ricerca di Cristina Gamberi, adattata da Marina Senesi,
Regia Lucia Vasini, con Marina Senesi e le voci fuori campo di Filippo Solibello e Marco Ardemagni, conduttori di Caterpillar Am.

"È finita tragicamente la folle giornata di”. E segue il nome di un uomo che dopo avere ucciso la moglie e l'amante, si è suicidato”.

È così. Due donne uccise sono il frutto di un pomeriggio di follia, mentre la tragedia, quella vera, sta nel fatto che l'assassino l'ha fatta finita.

Un esempio, uno solo, di come il femminicidio sia affrontato dai media, attraverso titoli che non si sa se definire più tendenziosi o esilaranti. Risultato non solo dell'assunzione di uno sguardo sbagliato, che coincide con quello dell'assassino, ma di una superficialità colpevole che reclama giustizia.

Certo è che dopo un'ora in cui ti vengono snocciolati ineffabili titoli di quotidiani e rotocalchi italiani e stranieri, ti monta una bile che vorresti proprio trovartene davanti almeno uno, di questi signori. No non gli assassini che mi auguro siano in galera e ci restino a lungo, dico proprio questi titolisti somari a cui dire di imparare a fare il proprio mestiere e restituire alla comunità civile tutto il denaro che la loro ottusità gli ha fruttato finora.

Magari quello che ha scritto “Addio dunque all'idea del maschio a cui tutto è concesso”. Davvero? E adesso parati davanti e mettici la faccia.


Si intitola Doppio taglio ed è un lavoro interessantissimo - non ce la faccio a chiamarlo spettacolo - nato da una ricerca accademica di Cristina Gamberi del dipartimento in Studi di Genere dell'Università Federico II di Napoli, adattato per la scena da Marina Senesi, anche interprete, diretta da Lucia Vasini.



Una rivoluzione copernicana nel modo di affrontare la questione, che analizza il modo in cui i media arrivano a distorcere la nostra percezione di un fenomeno che ha ormai numeri da genocidio.



Il bersaglio non sono gli assassini che lo sappiamo tutti che sono cattivi, né gli uomini maschilisti che considerano la donna una loro proprietà eccetera eccetera. Qui il bersaglio sono i media che volenti o nolenti offrono all'opinione pubblica addentellati subliminali per rivedere il rapporto vittima - carnefice.



Come? Confondendo il movente, che può essere, per esempio, la gelosia (fondata o no) con l'attenuante. Inquinando l'informazione con particolari morbosi, inutili, che non cambiano di una virgola la sostanza dei fatti. Che importa sapere se la vittima era “un'attrice di serie B depressa per il fallimento della carriera artistica”? O se era “una delle cento donne più sexy del pianeta”? Che importa se era incinta di un altro uomo? Che importa il risultato del DNA sul feto? O meglio, cosa cambia ai fini della colpevolezza di un assassino? Si tratta di suggestioni che fanno leva su immaginari radicati in pregiudizi secolari, in stereotipi di genere sui quali nessuno osa dirsi d'accordo, ma che agiscono sottotraccia, e nutrono i germi peggiori della coscienza collettiva.



Non solo: mentre da una parte si infierisce sulla vittima succede anche che ci si soffermi sui risvolti ammiccanti dell'assassino, raccontato come un eroe positivo, come nel caso di Oscar Pistorius, oppure come un non global, uno strenuo oppositore delle multinazionali, un artista, un poeta maledetto, ma chissenefrega se Bertrand Cantat, che ha finito con ventisette pugni in faccia Marie Trintignant, era un poeta maledetto!



E invece è stato riferito con dovizia di dettagli, informando che il poverino ha visto la propria “vita distrutta da un gesto di follia” insieme al fatto che l'attrice aveva una “vita sentimentale intensa, e quattro figli da tre padri diversi”.



È stata questa la notizia che ha indotto la Gamberi a intraprendere la sua ricerca, forte anche di un'analisi di semiotica dell'immagine che smaschera l'errore nel punto di vista, che non coincide con quello della vittima ma del carnefice, e ci pone geograficamente dalla parte di lui.



Accanto agli esiti della ricerca scorrono anche le fotografie che hanno corredato gli articoli presi in esame. Non uomini violenti, armati, ma donne ritratte in posizione assertiva, senza scarpe (leggi: ma dove credi di andare?), con i capelli scapigliati (non c'è autocontrollo) o che coprono il volto (vergogna), o addirittura appollaiate sul tavolo della cucina in abito da sera (una situazione che notoriamente si verifica assai spesso), oppure con gli occhi gonfi e tumefatti come i martiri. Mentre l'aggressore non c'è e se c'è è presente come ombra: minacciosa sì ma imprendibile per definizione.



E allora? Allora si deve ribaltare il punto di vista, si deve sostituire l'immagine della donna vittima con quella di una donna combattiva o di un uomo fiero di metterci la faccia.



 



Doppio taglio, in tournée, è stato visto al Teatro Due di Roma per la rassegna Una stanza tutta per lei, il 27 febbraio 2016. 



La regione Lombardia ed Emilia Romagna lo hanno inserito tra i crediti formativi dei corsi di aggiornamento dell'Ordine dei Giornalisti.



 



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02 marzo 2016
Articolo di
nostoi
Rubrica:
Teatro


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