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Facciamo che sia come dovrebbe essere (questo sfratto non si ha da fare)

Facciamo che sia come dovrebbe essere (questo sfratto non si ha da fare)
di Alessandra Bernocco

Se il teatro ha una funzione è quella di rendere la realtà impossibile.
Non mi interessa la riproduzione
della realtà sulla scena.
Mi interessa al contrario difendere la scena dalla realtà, portare in scena un'altra dimensione,
un altro spazio, un altro tempo.
Nell'ottenere questa distanza dalla realtà, c'è una sorta di godimento, un vero e proprio divertimento.
Si tratta di togliere gli spettatori dalla realtà in cui vivono
per fargliene vedere un'altra.
(Heiner Müller)
(07 ottobre 2016) La Comunita' di Giancarlo Sepe ha presentato la stagione 2016-17, con il supporto della Compagnia Umberto Orsini

Immaginate un poliziotto che mette i sigilli a un sipario. Mica a una porta a un cancello, no, proprio a un sipario. A un sipario di velluto rosso, rosso sipario, appunto, perché il sipario è rosso come il sangue di Edipo. “Questo spettacolo non si ha da fare”.

“E perché mai?”, chiede basito il buon teatrante.
“Perché lo dice la legge e io la legge la devo far rispettare”.

E cosa dice la legge?
Dice che l'adesione a un'associazione culturale e quindi la partecipazione alle attività della medesima deve seguire di almeno quindici giorni la richiesta di tesseramento.

Pertanto gli spettatori che un giorno o l'altro volessero assistere a uno spettacolo in teatro, qualora il teatro sia associazione culturale, vedano di farci un salto quindici giorni prima, così, giusto per fare richiesta della tessera associativa che non si può mai sapere.

Purtroppo la legge dice così e il poliziotto Creonte di farli entrare quella sera stessa non ne volle sapere.
Era il 1978 e al Teatro La Comunità si sarebbe rappresentata Accademia Ackermann, una parodia del nazismo di Hitler e Goebbels creata da Giancarlo Sepe per il Festival dei Due Mondi, e perdersela per una tessera sottoscritta in ritardo era davvero un peccato.

Ma avrebbero recuperato la sera successiva, grazie all'intercessione di un assessore illuminato che alla lettera morta di un codicillo ha preferito il buon senso.


Renato Nicolini sollevò da ogni onere le forze dell'ordine assumendo su di sé la responsabilità dell'infrazione così che una licenza amichevolmente concessa divenne esemplare, semplificando di molto la vita non solo di quello spazio ma delle tante associazioni culturali operative in Italia.



Ma voi vi immaginate se per fruire di una qualunque iniziativa culturale, che ne so una mostra, la proiezione di un film, un reading, doveste inoltrare la richiesta una quindicina di giorni prima?



Né fu quella l'unica svolta importante innescata dalla Comunità di Giancarlo Sepe.



Forse non si sa ma l'idea di stabilire il tetto di 99 posti per i teatri in seno alle associazioni culturali arrivò proprio da lì liberando le associazioni dalla soggezione a disposizioni più rigide (applicabili ai grandi teatri e agli spazi di trattenimento) che avrebbero comportato lo smantellamento fisico della struttura se non la chiusura tout court, penalizzando gravemente la vita culturale del paese.



Si è parlato anche di questo lunedì 3 ottobre 2016, durante una conferenza stampa affollata in cui si è fatto il punto della situazione in cui versa lo spazio di Trastevere fondato quarantaquattro anni fa in una delle storiche cantine romane. L'ultimo baluardo del teatro di ricerca sopravvissuto nella capitale dagli anni settanta. Il palcoscenico magico diventato ring, palestra, labirinto, e chissà quanto altro ancora a seconda dei personaggi che ci abitavano dentro. Il ritrovo alternativo frequentato e difeso da signori che si chiamavano Eduardo De Filippo, Federico Fellini, Mario Monicelli, Alberto Moravia, Vittorio Gassman, Alberto Lionello, Maurice Bejart, Giulietta Masina, Aroldo Tieri, Romolo Valli, Giorgio De Lullo, Paolo Stoppa, Lilla Brignone, Mariangela Melato. La Comunità di nome e di fatto che adesso è sotto sfratto per ragioni irragionevoli che ci auguriamo vengano ragionevolmente risolte.



Se n'è parlato tra un grido di dolore e un vagito di speranza perché la situazione è seria ma non disperata. E con la tigna di chi resiste a qualsiasi costo, si è annunciata la stagione imminente, che prevede quattro spettacoli autoctoni più un'ospitalità.



Non sarà questa la sede per ripercorrere le fasi recenti che hanno fatto seguito all'ingiunzione di sfratto da parte del comune di Roma, ma basti sapere che non è ancora scongiurata.



Nonostante dal comune, e in particolare dal primo municipio presente nella persona dell'assessore Cinzia Guido, ci siano incoraggianti segni di interlocuzione.



Nonostante il pubblico voglia il suo teatro, come dimostrano le firme a sostegno della petizione 'No alla chiusura del Teatro La Comunità', quasi tutte accompagnate da commenti che provate a leggerli prima di spedirci le forze dell'ordine.



Nonostante una compagnia niente male si sia fatta carico della coproduzione e intenda procedere “come se le cose fossero come devono essere”.



Garantisce Francesco Feletti della compagnia Umberto Orsini, che dallo scorso anno ha raccolto l'SOS lanciato da Sepe sostenendo la ripresa de  I Dubliners.



Ora si riparte con Amletò (gravi incomprensioni all'Hotel du Nord), spettacolo delizioso, una vera chicca che ambienta la tragedia del principe di Danimarca nella Francia del '39. Il palcoscenico è pronto. Dalla platea, dove sono seduti Giuliana Lojodice, Antonio Calenda, Monica Guerritore, Pino Micol, si vede la scritta Hotel du Nord. Cominciamo a commuoverci.



Amletò è in scena fino al 11 dicembre 2016.



Gli altri spettacoli in collaborazione con la Compagnia Umberto Orsini e programmati per il 2017 sono:



Washington square di Henry James



Barry Lindon di William M. Thackeray



I dolori del giovane Werther di Goethe



Lo spettacolo ospite, in cartellone dal 13 al 20 settembre, è CassandraVariazioni sul mito n.2, drammaturgia e regia di Laura Angiulli, con contributi al testo di Enzo Moscato.



(la foto di questo articolo è di Pino Tufillaro)



 



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