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L' acqua: merce o diritto?

L' acqua: merce o diritto?

(19 marzo 2009) Il tema viene dibattuto in questi giorni al Forum mondiale dell’acqua che si tiene a Istanbul dal 16 al 22 marzo. L’acqua è il nuovo petrolio, chi se lo accaparra comanda e ognuno vorrebbe la fetta più grossa.
L’Italia, si sa, è un Paese originale. E mentre in America Latina le Costituzioni dichiarano l’acqua bene non mercificabile; mentre le municipalità di Parigi si riappropriano della gestione delle risorse idriche; mentre la Svizzera dichiara l’acqua monopolio di Stato e in Belgio, Austria, Olanda, persino negli Stati Uniti, patria del capitalismo, l’acqua è pubblica, in Italia si approva una legge che ne sancisce, di fatto, la privatizzazione.

Nonostante centinaia di migliaia di firme abbiano sostenuto una progetto di legge di iniziativa popolare volto a riportare l’acqua in mani totalmente pubbliche e, dunque, a scongiurare la privatizzazione dei servizi idrici, la legge 133 del 2008 ha convertito il decreto legge 112/2008 che all’art. 23 bis sancisce la sottomissione della gestione dei servizi idrici alle logiche del mercato: imprenditori o società in qualunque forma costituite potranno ottenere la concessione per la gestione del servizio idrico integrato.
Il Movimento per l’acqua risponde che “l’efficienza economica ha poco o nulla a che fare con il soddisfacimento dei bisogni primari”. Ma restano parole nel vento.
Si invoca il libero mercato come panacea agli errori della politica che, ad ogni livello, non ha saputo gestire servizi essenziali per il cittadino. Ma invece di bonificare la politica, si confida nelle lobby economiche. Insomma, dlla logica della partecipazione, alla logica del profitto. E vorrebbero anche convincerci che il cittadino ci guadagna.
Le note vicende della provincia di Latina, dove la privatizzazione, secondo i dati del Comitato Difesa Acqua Pubblica, è costata rincari in bolletta del 300%, tuttavia, smentisce questo assunto.

Ma siccome l’italica originalità va di pari passo con il paradosso, l’interesse pubblico delle risorse idriche e la necessità che siano accessibili a tutti, pur non sufficienti ad impedirne la privatizzazione, diventano un ostacolo all’aumento dei canoni di concessione per lo sfruttamento idrico delle acque imbottigliate.
Ad oggi, il canone più alto per volume imbottigliato si paga in Veneto, ben 3 € ogni mille litri!
Un vero e proprio regalo della politica alle aziende del settore, tenuto conto del notevole volume d’affari (peraltro in crescita) del mercatodelle acque in bottiglia. Un “dono” che, se non fatto, garantirebbe alle Regioni sonni ben più tranquilli per i profitti che ne potrebbero ricavare.

di doriana vencia

19 marzo 2009
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