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"Giustizia è fatta" Obama 1- Osama 0
di Paola Merlo

(03 maggio 2011) La notte è appena cominciata, molti stanno già dormendo perché è una “school night”, e sono solo i ragazzi, attaccati a Facebook e Twitter, o le persone che sonnecchiano davanti alla Tv ad accorgersi che non sarà una pigra domenica sera come le altre, di annoiate cronache sportive e talk shows.
Obama ha annunciato una conferenza stampa, alla Casa Bianca. Improvvisata.
Nessuno sa cosa pensare. Potrebbe trattarsi di tutto, anche delle sue dimissioni, visti i problemi che sta avendo a mantenere una stabilità politica, corrosa dalla crisi e dai continui attacchi dei repubblicani, incluso quello alla sua identità che ha dovuto provare con tanto di certificato di nascita solo la settimana scorsa, cedendo al ricatto televisivo del possibile candidato repubblicano Donald Trump.


"Giustizia è fatta!” dice, invece “Stasera posso dire a tutti gli Americani e al mondo che gli Stati Uniti hanno condotto un’operazione che ha portato alla morte di Osama Bin Laden, il leader di Al-Qaeda e terrorista responsabile della morte di migliaia di uomini, donne e bambini”.



E i suoi occhi proprio non riescono a nascondere un guizzo di soddisfazione e di orgoglio per aver portato a fine la missione che la passata amministrazione Bush non aveva compiuto. Proprio non riesce a nascondere, Obama, la sensazione di aver incassato un secondo mandato che sembrava traballante ed insicuro.



Mission accomplished. Le ferite degli americani, aperte l’11 Settembre 2001, possono rimarginarsi, il “bad guy” è finalmente stato catturato e ucciso. La fragilità e l’umiliazione subite dopo il peggior attacco agli Americani nella nostra storia possono lasciare spazio al sollievo e alla gioia. Il Male è stato finalmente sconfitto in tutto il suo sfacciato potere mediatico e propagandistico. Il fantoccio di questi dieci anni di inutile guerra che hanno seppellito quasi 1.3 trilioni di dollari (un 1.3 seguito da una folla di 18 zeri) è stato finalmente trovato e sacrificato all'altare della giustizia.



E a New York e Washington alcuni americani si riversano nelle strade a festeggiare, a sventolare quelle stelle e strisce che comandano la democrazia nel mondo ma che sbiadiscono quando la Storia le mette davanti a una scelta. Alla scelta di essere capaci di usare la civiltà di cui tanto sappiamo travestirci e salvare la dignità e la grandezza di un paese oltre che la pelle di un uomo, nonostante sia colpevole.



A nessuno, mai, dovrebbe essere negato il diritto ad un processo e al mondo non doveva essere negata la possibilità di chiedere spiegazioni, di sapere di piú su alcuni dei crimini più efferati del nostro secolo, l'attacco del 9/11 e gli attacchi a Madrid e Londra.



È sconfortante vedere un uomo come Obama che ha saputo sfidare il pregiudizio, l'ignoranza, che ha voluto fortemente infondere coraggio e speranza, promuovendo la giustizia sociale, finire per cedere al fascino del cappio. Riprendersi l'America a suon di pistolettate.



"Dove eri, cosa facevi la notte che Osama Bin Laden e' stato ucciso? Cosa hai provato?". Con un inquietante interrogativo che ripropone al negativo lo smarrimento successivo alla morte di JFK, oggi i cittadini d'America devono confrontarsi con una nuova debolezza, la frettolosa voglia di far sparire un ingombrante cadavere che continua a proiettare ombre sul futuro dei paesi occidentali, terrorizzati dall'Islam. Morto bin Laden finisce la causa della guerra in Iraq e Afghanistan, ma ci sono fin troppi motivi per restare con gli anfibi ben piantati nella sabbia del Medio Oriente. Ci sono milioni e milioni di barili di petrolio da conquistare ed equilibri geopolitici da controllare. Che scusa verrà usata da domani?


03 maggio 2011
Articolo di
Paola
Rubrica:
Società


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