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"IL PAESE E' REALE"

(05 marzo 2009)

Istantanee sulla musica indipendente


Gli
Afterhours fanno da apripista, come il cavallo di troia, cercano consenso all'interno del mostro. La loro controversa esibizione nella città dei fiori voleva (secondo le dichiarazioni di Manuel Agnelli) mettere in luce una realtà che i media italiani ignorano completamente...la musica indipendente. Quel sottobosco culturale dove si nasconde il paese reale.

Il festival “Tora! Tora!” che istancabilmente hanno portato in giro per anni in tutta Italia lo ha fatto egregiamente.
Ma inevitabilmente le lobby, spesso l'ignoranza, dettano la geografia del conosciuto non dando il giusto peso a realtà molto valide. Altre volte invece c'è molta approssimazione nel mondo Indie, considerando che l'equazione 'indipendente' come sinonimo di qualità musicale non è sempre veritiera.

Spesso la musica riflette lo stato delle cose e ne porta con sé le luci e le ombre. In questo caso vuole svelare, smuovere, testimoniare.
Il senso di questa sorta di antologia (che ha una distribuzione un po' particolare e un prezzo abbordabile) è quello di fotografare il momento che stiamo attraversando e dare forse un contributo, non ghettizzandosi.
Il titolo ne è la prova: “Il paese è reale – 19 artisti per un paese migliore?”.

Basta ascoltare le parole di Manuel Agnelli nel pezzo che apre il disco, quando dopo un crescendo di batteria e chitarre canta: “...adesso fa qualcosa che serva, che è anche per te se il tuo paese è una merda...dir la verità è un atto d'amore, fatto per la nostra rabbia che muore”.

Molti i contributi al progetto. Tra questi spiccano quelli di Paolo Benvegnù con il pezzo “Io e il mio amore”; il catanese Cesare Basile con “La canzone dei cani”; la nuova e originale promessa dell'indie italiano Beatrice Antolini con “Venetian Hautboy”; il cantautore Marco Parente con “Da un momento all'altro”.

Altri pezzi parlano molte lingue. C'è l'originale approccio 'cinematografico' dei Calibro 35 con “L'uomo dagli occhi di ghiaccio”; la leggerezza dei Mariposa con “Le cose come stanno”; il rock dei bolognesi Settlefisch con “Catastrophy liars” e quello più deciso de Il Teatro degli orrori con “Refusenik”; la dolcezza melodica della Toys Orchestra con “What you said”; il metal-jazz degli Zu con “Maledetto sedicesimo”.

Poi, in ordine sparso, il contributo di Zen Circus, Amerigo Verardi, Reverendo, Dente, Marco Iacampo, Disco drive, Marta sui Tubi.

Tasselli di un quadro d'insieme che trasmette energia, novità, ma anche le difficoltà di un paese che non valorizza le qualità e il talento.
Per contro promuove canzoni per il sonno dell'intelligenza. Musica come spot.

Quindi ben vengano quei dischi che portano alla luce delle realtà.
Qualunque esse siano.
Sopratutto quelle imperfette e multiformi della musica indipendente.

di Dario Ameruso

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05 marzo 2009
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