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Harriet Jacobs - Il colore dei forti

Harriet Jacobs - Il colore dei forti

Perche' uno schiavo ama? Perché permettere che i viticci dell'amore si intreccino intorno a oggetti che potrebbero in ogni momento essere strappati via dalla mano violenta? Quando le separazioni vengono per mano della morte, l'anima devota può inchinarsi rassegnata e dire "Non la mia, sia fatta la tua volontà Signore!". Ma quando è la mano crudele dell'uomo a colpire, senza riguardo per la sofferenza che causa, è difficile restare sottomessi. Non la pensavo così quando ero una giovane donna. La giovinezza è giovinezza. Ho amato e mi sono concessa di sperare che le nubi nere intorno a me si dileguassero, ho dimenticato che nella terra della mia nascita le ombre sono troppo fitte perché la luce possa penetrare.

estratto da "Incidents in the life of a slave girl"
di Harriet Jacobs

(18 gennaio 2010)
Le luci spente sul palcoscenico lasciano intravedere solo il bianco di una capanna e creano lo spazio per un silenzio enorme rotto solo dai canti dei raccoglitori di cotone, degli schiavi d'America, dei padri e delle madri di un nuovo popolo sradicato e ripiantato per fare frutti che non riconosce.


Questa è la tela su cui si disegna la vita di Harriet Jacobs: schiava, nera e donna.



La sua mente, avida di conoscenza e di giustizia crescerà all'ombra di uno dei crimini più atroci mai perpetuati, incurante della violenza che proverà a levarle la speranza del cambiamento. Una padrona non molto astuta le metterà in mano una delle armi più potenti, la capacità di leggere e di scrivere, lo strumento per raccontare, per liberare le vite intrappolate dall'incapacita' di reagire.



Nata schiava in una piantagione dell'America del Sud, Harriet è bella e la sua bellezza la salverà dai colpi della frusta e dal sole infuocato dei campi ma la metterà nelle mani degli uomini che vorranno avere la sua anima perché già ne possiedono la carne. Per salvare i suoi figli, venduti come animali, e vederli crescere da lontano si nasconderà per sette anni in una soffitta. La salverà dalla pazzia solo la scrittura fino a che non riuscirà a fuggire a Philadelphia per rifugiarsi, con i suoi figli, nel Nord dove diventerà parte del movimento abolizionista. I suoi scritti restano la prima testimonianza di narrativa autobiografica delle donne schiave.



La rappresentazione è molto potente e mentre la storia di Harriet piano piano prende vita altri uomini e donne, fanno da cameo con i loro racconti. Lo scandire dei canti è il filo rosso che intreccia tutte le vite, in un insieme claustrofobico per il dolore che partecipa. E il pubblico è diviso, di nuovo, per colore e per sentimenti. Da una parte il senso di colpa, la vergogna, dall'altra la rabbia, la rassegnazione.



Di sensibilità geniale l'idea dell'autrice di mettere in scena una compagnia completamente composta da attori afro-americani. Per togliere al bianco la colpa e restituirla all'uomo, per livellare la differenza cromatica e rendere la storia unica, comune, condivisa. Perché il male non deve mai trovare un abito, che si possa facilmente dismettere.



Di sorprendente intensità l'interpretazione di Kami Rushell Smith nel ruolo di Harriet. È visibile il cambiamento di registro tra l'Harriet ragazza che diventa donna e madre, quando i colori del racconto si fanno cupi e densi. Eccezionale Ramona Lisa Alexander nel ruolo della nonna di Harriet. "Harriet Jacobs", scritto da Lydia R. Diamond e diretto da Megan Sandberg-Zakian, in scena al Central Square Theatre di Cambridge fino al 31 Gennaio.



di Paola Merlo


18 gennaio 2010
Articolo di
Paola
Rubrica:
Libri


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