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Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson: città dei morti viventi

Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson: città dei morti viventi
di Fabrizio Comerci

(17 marzo 2011) Il confronto viene quasi naturale. Winesburg, Ohio (1919) di Sherwood Anderson e l'Antologia di Spoon River (1915) di Edgar Lee Masters sono stati scritti quasi contemporaneamente. Entrambi narrano di un Midwest americano nel quale l'era rurale antica sta per lasciare spazio all'agricoltura meccanizzata.
Tutte e due le realtà ricreano un microcosmo di rapporti umani nel quale il lettore s'inserisce come un vuoyerista, un intimo confidente o uno spietato sociologo.
Se, però, Spoon River è un cimitero che pullula di vita, Winesburg è una città di morti viventi

Nel cimitero di Spoon River, i morti sembrano voler uscire dalle loro tombe sulla spinta di una frustrazione per un'esperienza terminata troppo in fretta. Una voglia di vita che li trasforma in malinconici fantasmi malati di logorrea, incatenati all'epitaffio della propria pietra tombale.


A Winesburg, i protagonisti, in un certo senso, sono vivi. Ma Sherwood Anderson li descrive quasi incapaci di vita. Chiuso in un monologo interiore, ciascuno partecipa all'esistenza della città arroccato nel proprio osservatorio d'elezione, quasi fosse una tomba nella quale ci si è rinchiusi deliberatamente, rimuginando un passato di sconfitte e sognando di un presente che non è. Le passioni e i desideri dei protagonisti delle brevi storie di Winesburg, quasi del tutto sconnesse tra di loro, si esprimono attraverso le mani.


Mani inquiete, mani segnate, mani sanguinanti, pugni stretti. Ad esse è dedicato, fin dal titolo, il primo racconto quest'opera di Anderson: “Hands”, appunto. Sullo sfondo della scena d'apertura si trova l'allegoria del tramonto della cultura rurale così come fino ad allora conosciuta. Semplice, primordiale, selvaggia, viva:


«...The berry pickers, youths and maidens, laughed and shouted boisterously. A boy clad in a blue shirt leaped from the wagon and attempted to drag after him one of the maidens who screamed and protested shrilly. The feet of the boy in the road kicked up a cloud of dust that floated across the face of the departing sun...»


In questo passo sembra quasi ritrovare il vigore contadino di Main-Travelled Roads (1981) di Hamlin Garland. Ma, con Sherwood Anderson la provincia contadina subisce il fascino ipnotico dei grandi centri urbani, lì dove succedono le cose e dove l'anomia libera dai ruoli costituiti.


L'opera si chiude con il racconto “Departure”, nel quale George Willard, il giovane reporter del Winesburg Eagle, genius loci della cittadina e filo conduttore di tutti i racconti, prende commiato dal paese per trovare la vita nella città. Una nuova nascita che segna la morte definitiva di Winesburg.


Paradossalmente, simboleggia anche la fine della gioventù di Sherwood Anderson che ha voluto rievocare, attraverso quest'opera, la Clyde, Ohio della sua esperienza di ragazzo.


(foto: Dorothea Lange 1937, particolare)

17 marzo 2011
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Winesburg Ohio - Sherwood Anderson


Copertina del libro Winesburg Ohio di Sherwood Anderson

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