L'intimo si attraversa. Leggerezza orientale e preziosa. Kazuyo Sejima, progettista giapponese è la neovincitrice del Pritzker Architecure, premio internazionale per l'architettura nato nel 1979.
Prima direttrice dei lavori della Biennale d'Architettura di Venezia, scioglie nelle sue creazioni il concetto di
interiorità leggera. Margherite impalpabili aprono i padiglioni della mostra. L'invisibilità carezzevole della licra e la robusta fragilità del vetro arredano e ricoprono i suoi palazzi. Il bianco, la luce, l'asimmetria dei piani. Con uno
scopo unico che è una missione: ritrovare la profondità delle cose.Attraverso la
leggerezza.
Il corpo si possiede attraverso il senso papillare del tatto. Toccarsi. Sentire il sapore sulle labbra. Il proprio. Quello di un altro diverso da noi. La presenza della carne, degli umori corporei costringe al possesso attraverso il tocco. Siamo il peso del corpo su un altro corpo.
Eppure Milan Kundera esprime l'inadeguatezza del corpo nella creazione del ricordo, quando parla di Sabina.
La presenza fisica di Sabina era molto meno importante di quanto immaginasse. Importante era l'impronta dorata, l'impronta magica che lei aveva lasciato nella sua vita e della quale nessuno poteva privarlo. La
leggerezza diventa così pregante da sembrare insostenibilmente sopportabile.
Così la vertigine che è preceduta da un senso di innalzamento verso l'alto, di una sensazione di leggerezza, appunto, non è altro che ammissione di piccolezza. Di debolezza. Di imminente caduta. Lo sanno gli elfanti/giraffa di Salvador Dalì che per toccare il cielo si “ fanno leggeri “ e quasi non toccano lo sfondo rosso del quadro.
La leggerezza è un'aspirazione. A volte è così forte che trapassa il corpo. E lo ferisce a morte.
Per ogni diminuzione del
peso di un corpo, è la leggerezza che prende peso.
Il peso della leggerezza si chiama
pregnanza. Si chiama profondità.E nel profondo i sentimenti spesso si sfumano...
Italo Calvino infatti parla della malinconia che è niente altro se non
una tristezza divenuta leggera.
Lezioni americane. Lui, che di Kundera aveva avvertito il peso della grandezza letteraria e che descriveva il suo libro più noto come
la comprensione che tutto ciò che consideriamo leggero finisce per schiacciarci in modo insostenibile.... Le conseguenza del peso delle parole sanno essere opprimenti.
In un gioco inatteso di intrecci, per Kundera la tristezza è pesante, lenta. Perché ha bisogno di essere vista, lei
vuole che si sappia. Non è come
il terrore che è uno shock, un istante di totale accecamento che presuppone il buio. La tristezza va vissuta in piena luce.
Ed è per questo che lo scrittore assegna ai suo personaggi il carattere unico e più puro della leggerezza: il venire alla luce immateriale. I personaggi di un romanzo, secondo Kundera, non nascono
da un corpo materno come gli esseri umani, bensì da una situazione, da una frase, da una metafora, contenente come in un guscio una possibilità umana fondamentale che l'autore pensa nessuno abbia mai scoperto o sulla quale ritiene nessuno abbia mai detto qualcosa di essenziale.
Essenziale che tende ad invisibile se a guardare sono gli occhi perché in realtà occorre avere una
vista diversa. L'anima ha lo sguardo giusto per scoprire la leggerezza e quindi aspira ad essere leggerezza per il Piccolo Principe di Saint-Exupery.
Non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.
Leggerezza è il tema portante della struttura linguistica delle opere di Nietzsche. Sembra un ossimoro eppure tecnicamente la forma espressiva si dissolve e si condensa ( il peso che si fa leggero ). Nietzsche scrive per
aforismi. La leggerezza del dionisiaco preferito all'apollineo. Allo scopo di smontare gli eventi e di riviverli nella struttura ciclica della ripetizione.E la ripetizione pretende la brevità perché è memoria. L'eterno ritorno che si alleggerisce delle zavorre materialistiche della storia del mondo arriva a ridursi fino a diventare nulla. Bene e male del nichilismo. Ciclici.
Ritorno. Ciclicità. Per Kundera sono condizione necessaria per la felicità e infatti la felicità è rara. Perché
il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l'uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione. E' sapere di poter ripetere ciò che ci ha reso felici. Ancora.
In definitiva, il tentativo del corpo a farsi leggero è una tensione continua verso la forma di leggerezza per antonomasia: il
volo. Il recupero delle cose più profonde, costruite per vivere il dentro è un modo per opporsi alla
pesantezza delle cose in genere, costruite per una vita tutta esteriore.
Il legame fra corpo, tensione e volo passa per la certezza ( quella si pesante ) di non poter volare.
Ma il ritorno all'intimismo è una rampa di volo.
C'è chi passa la vita a costruire stampelle di legno. Perché sa di
non poter volare.
E chi non lo sa. Come il calabrone. E per questo ha il vento fra i capelli...