Nasce Endre Ernö Fridman e diventa Robert Capa per sfuggire all'antisemitismo dilagante degli anni '30 in Europa, questo ungherese ebreo, studente di giornalismo e presto appassionato di fotografia.Passione e morte saranno le spinte emotive contrapposte del suo sguardo sul mondo e sulle cose. Testimone attivo dei cinque maggiori conflitti mondiali negli anni fra il 1936 e il 1954, Capa farà la storia del giornalismo di guerra, inventandone i canoni descrittivi e la natura estetica.
Dal conflitto civile spagnolo alla guerra sino-giapponese, Capa è stato l'occhio degli orrori della guerra fino alla tragica morte, a seguito delle truppe francesi in Indocina. Lo ucciderà una mina antiuomo.
Fra le mani aveva la sua Leika.
La parabola della sua dottrina fa cerchio dove è stato sempre, per missione. Accanto alla morte.
La foto di guerra innesca la polemica attorno al fotoracconto e all'alterazione oggettiva della realtà ma crea anche la prima vera testimonianza della storia per immagini. Capa intuisce quella che Roland Barthes, ne La camera chiara chiamerà contingenza suprema. Ne diventa l'artefice, il lettore privilegiato. Non è solo lavoro di fotografia, non è solo tecnicismo: Capa era un fotoreporter scrupoloso, scriveva la cronaca delle sue missioni e faceva un uso minuzioso della didascalia – che Walter Benjamin defì non a casa elemento essenziale dell'immagine fotografica - e della presentazione delle foto.
Lo testimonia il reportage dello sbarco in Normandia che Capa cucì per la rivista Life, la più grande fucina di fotoreportage del '900. Lo testimonia l'arrivo funambolico del fotografo in Sicilia, paracadutato da un piccolo velivolo verso l'isola, in attesa degli alleati.
Il racconto fotografico di Robert Capa, estensione di mente e cuore come John Steinbeck ebbe modo di dire di lui, è compresenza all'evento. E' una scrittura per immagini, per attimi rubati all'estensione temporale – quei tempi rubati al flusso descritti da Susan Sontag - scavati nella paura, nell'odore del sangue. Nell'essere parte della scena e della guerra stessa.
Capa, testimone e attore. E' tutto nel tremore delle mani il segreto delle sue immagini.
E' per questo che Slightly out of focus, manoscritto del 1947, non è solo diario di guerra di un uomo che parla amaramente del conflitto come di un inferno che gli uomini si sono fabbricati da soli. E' la cronaca del suo inconscio ottico vissuto nell'angoscia delle attese, accanto alle emozioni, nel dolore visto e rivisto negli occhi dei morti. E' il dipinto del dolore personale, reiterato proprio come in una fotosequenza, nella perdita della giovane compagna, la fotografa Gerda Taro, uccisa nel 1937 da un carrarmato durante la battaglia di Brunete (Guerra Civile Spagnola).
Cronaca di un tremore. “ Solo se la mano ti trema un poco riesci a scattare delle istantanee che diano l'idea dell'azione. Se vuoi scattare delle buone istantanee di un'azione, non devono essere del tutto a fuoco “.
L'inconscio ottico di Robert Capa è nello scatto, misto di paura e piacere atavico dell'orrore catturato. Nel culto dell'immagine e della volontà umana di eternarsi. Davanti, dietro e attraverso l'obiettivo. Anche leggermente fuori fuoco, l' importante è esserci.