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Il gioco vale la candela

Il gioco vale la candela

(03 luglio 2009)

L'ingiustizia in qualsiasi luogo è una minaccia alla giustizia ovunque
(Martin Luther King)


Collaboratori di giustizia.
Le vite sospese degli “ ex “ di malavita hanno il crisma della vita sospesa, del limbo sociale di uomini senza volto. L’universo del pentito. Lui, che non si pente. Lui, il pentito, “ collabora “.
Il dottor Nicola Gratteri è un magistrato della DDA di Reggio Calabria, attualmente impegnato nelle indagini a carico della famiglia Strangio, nell’ambito della faida di San Luca, responsabile della strage di Duisburg dell’agosto 2007.
Un magistrato, Gratteri, che la criminalità organizzata l’ha studiata fra le vite dei “ non più ”.
I traditori. Da anni segue le sorti giuridiche di alcuni dei più importanti collaboratori di giustizia delle famiglie mafiose calabresi. La sua è un’esperienza vissuta sui giorni trascorsi a costruire verità e rapporti.

Il magistrato. Il pentito e la sua decisione di collaborare. L’attendibilità. La fiducia. Il rischio.

" bisogna premettere - inizia Gratteri - che è il futuro collaboratore che decide sua sponte di pentirsi, chiede normalmente di parlare proprio con il suo peggior nemico, cioè con il magistrato che lo ha arrestato, quello che ha fatto di tutto: indagini, pedinamenti, intercettazioni, pur di incastrarlo e catturarlo. A questo punto il mafioso si rende conto che, quello che fin da allora è stato il suo acerrimo nemico, diventerà invece colui che lo proteggerà "

Nemico. Una forzatura linguistica che raccoglie tutta la complessità di un mondo

" Per uno strano gioco delle parti il magistrato-nemico diventa il magistrato-amico, colui che da oggi in poi lo proteggerà e lo condurrà ad una nuova fase della sua vita. Dobbiamo subito immaginare in che situazione si trova il criminale: egli è solo, lontano sia dal suo clan di appartenenza sia dalla sua famiglia, è totalmente isolato dal suo mondo; non può fare affidamento su nessuno tranne appunto che ad un organo inquirente "

Nemico, eppure appiglio.
Speranza. Spesso materialistica, poco spesso intessuta di una scelta morale.
Il pentitismo dalla cultura mafiosa non esiste.

" I motivi che spingono un mafioso a collaborare sono molteplici,quali sconti di pena, moventi familiari, crisi di coscienza, forme di vendetta ed altre svariate ragioni. Ma ciò che bisogna sottolineare è che collaborare non vuol dire pentirsi. Un’identità criminale rimane sempre la stessa, ciò che sicuramente gioca un ruolo centrale in una collaborazione è la figura del magistrato "

L’importanza del qui ed ora. Il rapporto magistrato –collaboratore diventa un luogo di costruzione e fusione di due identità: non due identità qualsiasi. Diventa essenziale la figura di quel magistrato per quel collaboratore.

" Io sostengo, prima di incontrare il futuro pentito, che il magistrato deve fare tutto un lavoro di preparazione conoscendo vita morte e miracoli di chi si andrà ad interrogare. Questo serve per evitare di minare le proprie credibilità. Un magistrato preparato, leale, capace, eticamente irreprensibile, dà subito l’idea chiara al collaboratore di chi si trova davanti. Perché dietro un buon collaboratore c’è sempre un buon magistrato. Certo questo si acquisisce con il tempo e con l’esperienza, ma è fondamentale capire che prima del codice e delle leggi viene la deontologia professionale, l’educazione, la correttezza morale, la rettitudine, tutti elementi che danno valenza all’uomo–magistrato.
Un magistrato corretto è corretto sempre: durante un’indagine, durante un interrogatorio, durante un processo.Quindi ribadisco che tutto parte dalla figura del magistrato "


Il bagaglio di sensazioni, l’empatia da misurare con l’obbligo di portare avanti un lavoro di costruzione e non di contrattazione. Nelle grate di un ruolo forte e difficile da rivestire

" Non bisogna farsi trovare impreparati perché abbiamo dall’altra parte gente scaltra senza scrupoli, che magari vuole solo sfidare il magistrato, prenderlo in giro anche dietro suggerimento di qualche avvocato poco ligio. Il segreto sta nel non diventare ostaggi di queste persone e farsi portare a passeggio attraverso richieste ricattatorie. Facendo capire subito che qui non si baratta nulla, qui non siamo al mercato dove si mercanteggia sul prezzo. Le dichiarazioni non possono e non devono avere un valore economico, non si deve far credere che più rivelo, più confesso, più dichiaro più lo Stato mi ricompensa. Qui – precisa Gratteri - lo Stato ha la funzione di garantire non di contrattare, altrimenti diventiamo birilli in mano a giocolieri troppo esperti. Quindi tutto sta nel far comprendere, fin da subito, la posizione di assoluta fermezza, determinazione, tecnicismo del magistrato, cercando di essere il più professionale possibile, evitando qualsiasi coinvolgimento emozionale. Solo in questa maniera, a mio avviso, si conseguono concreti risultati".

Infine, Gratteri e la paura. Tra quelli che vivono una vita blindata. Una corda tesa su un pericolo costante e una continua riduzione della propria identità. E’ però all’identità stessa che il magistrato addebita la dedizione e la volontà di difendere a qualunque costo la giustizia

" Devo confessare che certe volte ho avuto il rammarico di non aver fatto abbastanza, di non essermi speso di più in alcune indagini; difatti oggi cerco di fare di più, di curare più dettagliatamente le mie indagini, la mia preparazione, perché non bisogna mollare mai, ma continuare sempre a lottare, soprattutto quando si ha la fortuna di lavorare nel proprio territorio.
Perché non c’è soddisfazione maggiore che liberare la propria terra dal malaffare

" Il gioco vale la candela…"


Paradossalmente la vita del magistrato condivide con la figura del collaboratore la paura, la perdita delle semplici sfumature della quotidianità. Condivide lo straniamento. Condivide la solitudine.

E’ però l’orizzonte a fare la differenza.
La giustizia è l’orizzonte del magistrato ed è per la giustizia che " il gioco vale la candela ".


di Flavia Fiumara e Veronica Turiello



La Redazione ringrazia il magistrato Nicola Gratteri per la cortese attenzione e disponibilità
L’articolo nasce da una intervista raccolta da Flavia Fiumara e rielaborata da Veronica Turiello

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