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White gloves and a golf ball

White gloves and a golf ball
di Veronica Turiello

(23 febbraio 2009) Renata Tebaldi. Cavalleria Rusticana.
E' l' unico inframezzo musicale dei 111 minuti claustrofobici dell'estenuante parossistico Funny Games. Remake dell'omonimo capolavoro del 1997, dello stesso magistrale Michel Haneke.
Questo film è uno shock da schermo che s'inocula attraverso gli occhi.

La malattia è il voyeurismo sfrontato e cieco della società di massa, banalizzata massa amorfa colpevole spettatrice silente della violenza mediatica. Haneke lo sa e quella massa la punisce ancora. Negando il solito salvifico happy end, impedendo qualsivoglia movimento all'utente, raggelato in poltrona, istigato e inappagato fino alla fine. Punto, pungolato nel suo senso di colpa incosciente di spettatore di violenza.


Il gioco divertente è quello di due ragazzi dall'aria perbene, guanti bianchi, completo da tennis, volto angelico e modi gentili che seminano morte in una tranquilla località turistica sulla riva di un lago. Famiglie borghesi, cane e barca compresi, violati nelle loro case, seviziati, costretti a stress e violenze psicologiche fino all'eliminazione assurda e banale di tutti Un diversivo per vincere la noia. Prima di passare alla prossima famiglia. E il gioco ricomincia.


Se lo spettatore cerca e giustifica la violenza perché fictionalizzata, è violenza banalizzata e immotivata quella che riceve. E da questa, pur volendo fuggire, non potrà. " Secondo voi, hanno scelta? " è con queste parole che Paul, uno die due angelici assassini interpretato da un perfetto Michael Pitt, apostrofa lo spettatore, rivolgendosi beffardo e complice, alla telecamera. Funny Games è attesa inevitabile di nuova sofferenza, ad ogni istante che trascorre. La pellicola è lenta. Il film è costruito quasi senza ricorrere al montaggio, proprio a voler creare quell'effetto di impossibilità di sfuggire ad un dolore psicologico e fisico. Strozzante. Vissuto istante per istante. Non è difficile incanalare questo discorso nella scia di una ricerca appena pubblica sulla rivista americana Psychological Science di Marzo 2009 che spiega come l'utente sollecitato da videogiochi o film violenti sviluppi una minore sensibilità verso i propri simili.


Questo determinerebbe un ritardo nel passaggio all'atto nel prestare aiuto agli altri. Si diviene quello che la ricerca definisce “ tranquillamente insensibili “, parafrasando la famosissima Confortably Numb dei Pink Floyd. E' il messaggio anticipato da Haneke. Quella disattenzione verso la sofferenza, quasi giustificata che acquisiamo guardando immagini violente, lavando un senso di colpa attraverso una nestetizzazione della sensibilità viene “ punita “ dal regista. Crea disagio, fastidio senza mostrare ma supponendo.


Quasi scaricando l'inevitabile escalation di violenza sullo spettatore che potrebbe porvi fine e invece “ resta a guardare “. Inerme. Nell'unico momento in cui uno dei due candidi aguzzini in guanti bianchi viene ferito mortalmente da una delle vittime, Haneke fa valere il ruolo di regista-torturatore e con un rewind operato dal telecomando, da espediente metafilmico, rifà la scena. Salvando l'aguzzino. Qui i cattivi devono vincere. La banalità del male ha guanti bianchi e labbra rosa. E rotola come una pallina da golf sul parquet. 

23 febbraio 2009
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Approfondimenti

Funny Games (1997) con Susanne Lothar, Ulrich Mühe, Arno Frisch Medusa Home Entertainment, 108 minuti Funny Games (2007) con Naomi Watts, Michael Pitt, Tim Roth, Brady Corbet Medusa Home Entertainment, 107 minuti

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